sabato 26 settembre 2009

La persecuzione del regime fascista nei confronti dei cristiani evangelici



Cosa era successo durante gli anni trascorsi? In generale la repressione fascista conobbe fasi alterne in cui a picchi di violenza si alternavano periodi di relativa quiete: tale alternarsi era chiaramente scandito dalla concomitanza di vicende storiche.
Già dal 1926 s’introducevano nel locale di via Adige delle spie inviate dal Ministero dell’Interno, e non solo, medici, psichiatri e specialisti d’ogni genere sotto mentite spoglie di simpatizzanti presenziavano alle riunioni. Intenzione del regime era di documentare la follia delle manifestazioni pentecostali, reputate perniciose per la società e dunque da mettere al bando quanto prima.
Secondo tali relazioni i culti non erano altro che manifestazioni morbose, che si manifestavano in soggetti facilmente suggestionabili, in quanto di bassa levatura culturale. Lo stabilito a tavolino emerge chiaramente nella banale e goffa ripetitività dei contenuti, persino negli aggettivi dei rapporti, seppur redatti da diversi inviati. La lettura di quelle pagine non può far altro che suscitare incredulità, varrà la pena citarne qualche stralcio ricavato dalle numerosissime pagine: “Si adunano tre volte alla settimana i così detti “Pentecostieri”... negli istanti più salienti dell’invocazione gli astanti si univano al declamante con altre grida e gesta, gettandosi in ginocchio bruscamente, percotendosi il petto, singhiozzando, gridando con moti che qualche volta avevano dell’impressionante... tutte quelle manifestazioni vadano ascritte a fatto di suggestione collettiva in soggetti nevropatici isterici epilettoidi... quello spettacolo secondo il mio giudizio è assolutamente dannoso alla salute influendo enormemente sull’equilibrio psichico delle loro facoltà. Ed ancora: “il nuovo culto… dà libero sfogo alle manifestazioni psicomotorie di un intensa esaltazione mistica... può favorire lo sviluppo di psicosi coatte… si sono ripetute le solite scene d’impressionante fanatismo... se vi fosse stato presente un medico alienista non avrebbe certo esitato a prendere in cura molti dei presenti”. Le puntuali descrizioni sono costellate di feroce sprezzo per i fedeli, definiti: “fanatici ed ignoranti... sgrammaticati... incredibilmente imbevuti delle loro teorie… di condizione generalmente inferiore alla media”.
La storiografia nostrana ha purtroppo sorvolato velocemente sull’antisemitismo e sul razzismo postulati anche in Italia. Anni più tardi, sotto il patrocinio del Ministero della Cultura popolare, venne pubblicata la rivista “La difesa della razza”, autentico compendio delle astrazioni razziste di alcuni studiosi. In queste pagine viene delineata la pura razza Italica, di fatto era ormai sancita l’esistenza delle razze, caratterizzate da precisi tratti somatici, psichici, morali e addirittura, secondo una scuola, spirituali.
Come dunque poteva essere tollerata la presenza dei “tremolanti” nella città di Roma, ovvero nella culla di tutta la simbologia fascista? La conseguenza logica fu la famigerata circolare Buffarini-Guidi del 9 Aprile 1935 con la quale si metteva al bando il culto pentecostale “essendo risultato - citiamo testualmente la nota - che esso si estrinseca in pratiche religiose contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della razza”. Il primo effetto di questo promulgamento fu la revoca della nomina concessa al ministro Strappaveccia; nello stesso mese di Aprile il locale venne sigillato della regia questura, e, va sottolineato, veniva allo stesso modo vietata ogni forma di assemblea pentecostale anche in privato. Era l’ora più buia. I nostri fratelli vennero ripetutamente denunciati, il più delle volte arrestati e condotti in questura, poi condotti in carcere per essere ammoniti o condannati al confino politico. Trattati alla stregua di veri criminali, i pentecostali erano segnalati ed identificati.
Fra i casi più cruenti ricordiamo quello del fratello Fidardo de Simoni, trucidato nelle Fosse Ardeatine perché reo di aver ospitato un prigioniero statunitense. Debita citazione va fatta anche del fratello Ivo Nardi, originario di San Ginesio (MC) e poi trasferito a Roma, assegnato prima al confino di polizia e poi messo letteralmente a marcire in una cella, seppur malato, dove morirà cinque anni dopo all’età di 36 anni. L’accanimento contro il Nardi era particolarmente violento per l’opera di evangelizzazione che questo “fanatico santone” esercitava instancabilmente e che lo rendeva inviso al clero locale. Gli venne contestato il reato di aver offeso il re ed Imperatore. Non venne esaudita nemmeno l’innocente richiesta di poter tenere corrispondenza con il cognato.
Atri pentecostali vennero letteralmente presi di mira e furono oggetto di ripetute vessazioni. Quirino Pizzini, pentecostale e per di più italo-americano, vide la sua casa in via Foscolo più volte messa a soqquadro nel cuore della notte dagli squadristi; venne malmenato pubblicamente allorché si rifiutava di salutare il gagliardetto Fascista. “Adora Iddio tuo, e a lui solo rendi il culto” rispondeva a chi gli intimava di piegarsi. A seguito delle reiterate percosse subite il nostro fratello ebbe gravi conseguenze di salute. Non va taciuto nemmeno il caso di Ernesto di Biagio, arrestato mentre presiedeva un culto, scontò settantadue giorni di carcere e venne in seguito riportato al suo paese natale, Sonnino, incatenato come un malfattore e posto sopra un carro al fine di darne pubblico spettacolo.
Dunque dal 1936 al 1944 le riunioni pentecostali si tennero clandestinamente presso la casa dei fedeli i quali, al fine di non essere sorpresi dalla macchina dell’OVRA, seguivano una vera e propria procedura per non essere scoperti. Si raggiungeva la casa stabilita con atteggiamento del tutto discreto, ci si avvicinava in coppia, con la Bibbia debitamente nascosta, a sufficiente distanza dall’altra coppia che precedeva. Durante la riunione i cantici erano bisbigliati, mentre i credenti a turno rimanevano in piedi vicino alla porta per vigilare. Le incursioni della polizia vennero qualche volta vanificate grazie ad un avvertimento provvidenziale, però, il più delle volte, i credenti venivano colti in flagrante e arrestati. Gli uomini della polizia fascista erano in grado di scovare i pentecostali ovunque, anche nelle campagne più lontane dai centri abitati, soprattutto grazie all’aiuto fornitogli da donne e uomini prezzolati che fingevano interesse per il Vangelo ma che in realtà raccoglievano informazioni sui luoghi di incontro per riferire tutto alla questura.
Le rappresaglie erano ancora più cruente in concomitanza con le fasi cruciali della guerra, come ad esempio lo sbarco degli alleati. Avvenne che il 6 Giugno 1943, in due diverse abitazioni, la polizia sorprese quarantuno credenti in seguito ad una soffiata di una delatrice, di questo episodio la lucida testimonianza di Emma Roma, rilasciata al programma “Protestantesimo” del 1983, in cui racconta dell’arresto subito durante una riunione tenuta in casa sua in via Alessandro Cialdi 28. “Sentii bussare la porta, e mi fu minacciato che, se non avessi aperto, avrebbero sfondato la porta. Mi dissero che quello che stavamo facendo era vietato,.poco dopo fummo arrestati e condotti in questura”. Ventisei di questi fratelli furono detenuti a Regina Coeli per ventitré giorni, gli altri quindici ammoniti ed alcuni di loro condannati al confino di polizia per tre o cinque anni, fra i quali Luigi Arcangeli, Giuseppe Gorietti, Teresa Rastelli Nigido e Pietro Remoli. Quest’ultima pena inflitta non fu mai scontata dato che il 25 luglio 1943 cadde il fascismo. L’Italia fascista aveva perso la guerra anche con il più innocuo dei nemici: il popolo pentecostale. “La gioia, l’allegrezza fu grande - racconta il fratello Salvatore Gemelli nella sua autobiografia - non si può descrivere… dopo nove anni di persecuzione e di privazioni, finalmente fummo liberi di professare la nostra fede, a Dio sia tutta la Gloria”.

Neoconservatore

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