lunedì 9 novembre 2009

Come Reagan vinse la guerra fredda. (2)





Reagan creò ciò che Henry Kissinger definisce "il più stupefacente successo diplomatico della nostra epoca". O, come ha detto Margaret Thatcher, "Ronald Reagan vinse la Guerra fredda senza sparare un solo colpo". Reagan aveva una visione del comunismo sovietico molto più scettica di quella delle colombe e dei falchi. Nel 1981, in un discorso pronunciato alla University of Notre Dame, disse "L’occidente non si limiterà a contenere il comunismo, ma lo trascenderà. Se ne sbarazzerà come un capitolo bizzarro nella storia dell’uomo, prima ancora che ne siano scritte le ultime pagine". L’anno dopo, parlando di fronte al parlamento inglese, Reagan affermò che se l’alleanza occidentale fosse rimasta forte avrebbe avviato "un marcia verso la libertà e la democrazia che avrebbe lasciato il marxismo-leninismo nelle ceneri della storia".

Queste profetiche dichiarazioni (allora bollate come vana retorica) sollevano una questione ben precisa: come faceva Reagan a sapere che il comunismo sovietico era sull’orlo del precipizio quando le menti più fini del tempo non avevano la benché minima idea di cosa potesse accadere? Per rispondere a questa domanda, la cosa migliore è cominciare con le stesse battute di Reagan. Nel corso della sua vita, Reagan aveva collezionato un grande numero di storielle e barzellette che lui riferiva al popolo russo. In una c’è un uomo anziano che entra in un negozio di Mosca e chiede un chilo di carne, mezzo chilo di burro e due etti e mezzo di caffe. "Li abbiamo esauriti", risponde il commesso del negozio, e l’uomo se ne va. Un’altra persona, che aveva assistito alla scena, dice al commesso: "Quel vecchio deve essere pazzo"; "Sì", risponde il commesso, "ma che memoria!". In un’altra c’è un russo che entra in una concessionaria di automobili per comprare una macchina. Gli viene detto che deve pagare subito, ma che ci vorranno dieci anni prima di potere ritirare l’auto. Dopo avere compilato tutti i moduli e espletato tutte le formalità necessarie, e avere pagato la macchina, il funzionario addetto gli dice: "Torni fra dieci anni per ritirarla". Lui allora chiede: "Mattina o pomeriggio?"; "Ma è fra dieci anni, che importanza ha?", risponde il funzionario. "La mattina aspetto l’idraulico".


Reagan poteva andare avanti così per ore e ore. Quello che colpisce, tuttavia, è che le battute di Reagan non si riferivano alla malvagità del comunismo ma alla sua incompetenza. Reagan era d’accordo con i falchi sul fatto che l’esperimento sovietico per la creazione di un "uomo nuovo" fosse immorale. Allo stesso tempo, era convinto che fosse anche sostanzialmente una stupidaggine. Reagan non aveva bisogno di un dottorato in economia per riconoscere che qualsiasi economia basata su pianificatori centralizzati che decidono quanto devono produrre le fabbriche, quanto deve consumare il popolo e come devono essere assegnate le ricompense sociali è destinata ad un rovinoso fallimento.


Per Reagan l’Unione Sovietica era un "orso malato"; e la domanda era non se fosse crollato, ma quando. Tuttavia, se l’Unione Sovietica aveva una economia traballante, possedeva però un potente apparato militare. Nessuno dubitava che i missili sovietici, se lanciati contro obiettivi americani, avrebbero causato spaventose distruzioni. Ma Reagan sapeva anche che l’Impero del male stava spendendo almeno il 20 per cento del suo pil per la difesa. Così Reagan elaborò l’idea che l’occidente poteva usare le proprie superiori risorse economiche di una libera società per costringere Mosca a fare spese eccessive nella corsa agli armamenti, provocando così pressioni insostenibili sul regime sovietico.
Reagan formulò la sua teoria dell’"orso malato" già nel maggio 1982, in un discorso pronunciato all’Eureka College, nel quale disse:

"L’impero sovietico sta vacillando perché il rigido controllo centralizzato ha distrutto gli stimoli per l’innovazione, l’efficienza e l’ambizione individuale. Nonostante i suoi problemi sociali ed economici, la dittatura sovietica ha costruito il più grande esercito del mondo. Lo ha fatto infischiandosene dei bisogni umani del suo popolo; e alla fine questa scelta scardinerà le fondamenta del sistema sovietico".

Gli orsi malati, comunque, possono essere molto pericolosi perché tendono ad attaccare. Per di più, visto che in realtà stiamo parlando di uomini e non di animali, c’è anche la questione dell’orgoglio, i leader di un impero internamente debole non accettano passivamente l’erosione del loro potere.
Normalmente si rivolgono alla prima fonte del loro potere: le forze militari.

Reagan era convinto che la politica dell’appeasement avrebbe soltanto aumentato l’appetito dell’orso, spingendolo a nuove aggressioni. Così era d’accordo con la strategia anticomunista, secondo la quale bisognava affrontare con decisione i sovietici. Ma aveva molta più fiducia di quanta ne avevano i falchi nella capacità degli americani di affrontare la sfida. "Dobbiamo renderci conto", disse nel suo primo discorso di insediamento, "che nessuna arma in qualsiasi arsenale del pianeta ha la stessa forza della volontà e del coraggio morale degli uomini e delle donne di un paese libero".

Il carattere più rivoluzionario del pensiero di Reagan era che non accettava l’assioma dell’immutabilità sovietica. In un momento in cui nessun altro era in grado di farlo, Reagan osò immaginare un mondo in cui il regime comunista dell’Unione Sovietica non esisteva piu`

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