lunedì 9 novembre 2009

Come Reagan vinse la guerra fredda. (3)



Ma una cosa era immaginarsi questa condizione felice, un’altra realizzarla. Quando Reagan salì alla Casa Bianca, l’orso sovietico era ancora arrogante e infuriato. Tra il 1974 e il 1980 era riuscito, con l’invasione diretta o la vittoria dei suoi fantocci, a incorporare dieci paesi nell’orbita comunista: Vietnam del Sud, Cambogia, Laos, Yemen del Sud, Angola, Etiopia, Mozambico, Grenada, Nicaragua e Afghanistan. Per di più, aveva costruito il più formidabile arsenale nucleare del mondo, con migliaia di missili a testata multipla puntati contro gli Stati Uniti. Nell’ambito delle forze convenzionali, il Patto di Varsavia aveva una schiacciante superiorità sulla Nato. Infine, Mosca aveva recentemente dispiegato una nuova generazione di missili a media-gittata, i giganteschi SS-20, puntati sulle città europee. Reagan non reagì semplicemente a questi eventi allarmanti, ma elaborò un’articolata strategia di controffensiva. Avviò un progetto di riarmo per 1500 miliardi di dollari, con lo scopo di attirare i sovietici in una corsa agli armamenti dalla quale era sua convinzione che i russi non sarebbero potuti uscire vincitori. Era anche deciso a convincere l’alleanza occidentale ad accettare la dislocazione di 108 missili Pershing-2 e 464 missili Cruise per controbilanciare gli SS-20. Allo stesso tempo, non rinunciò ai negoziati per la riduzione degli armamenti.

Anzi, propose per la prima volta che le due superpotenze dovessero ridurre drasticamente i loro arsenali nucleari. Se i sovietici avessero ritirato i loro SS-20, disse, gli Stati Uniti non avrebbero fatto piazzare i Pershing e i Cruise. Questa fu definita la "opzione zero".

C’era poi la cosiddetta "dottrina Reagan", che prevedeva un sostegno militare e materiale per i movimenti indigeni che combattevano per rovesciare le tirannie filosovietiche. L’Amministrazione appoggiò la guerriglia in Afghanistan, Cambogia, Angola e Nicaragua. Inoltre, collaborò con il Vaticano e con la sezione internazionale del sindacato americano per sostenere il sindacato polacco Solidarnosc, nonostante la spietata repressione del regime del generale Jaruzelski. Nel 1983, le truppe statunitensi invasero e liberarono Grenada, cacciando il governo marxista e organizzando libere elezioni. Infine, nel marzo 1983, Reagan annunciò la "Iniziativa di Difesa Strategica", un nuovo programma di ricerca e costruzione di difese missilistiche che, per dirlo con le parole dello stesso Reagan, prometteva di "rendere obsolete le armi nucleari". La strategia di controffensiva di Reagan fu continuamente denunciata dalle colombe, che sfruttavano il timore dell’opinione pubblica, cioè la paura che il riarmo voluto da Reagan stesse portando il mondo sull’orlo della guerra atomica. L’opzione zero fu bollata da Strobe Talbott come "del tutto irrealistica". Con l’eccezione dell’appoggio per i mujahedin afghani, ogni sforzo per aiutare i ribelli anticomunisti fu ostacolato dalle colombe del Congresso e dei media. L’iniziativa di Difesa Strategica fu definita dal New York Times come "una trasposizione della fantasia nella politica".
L’Unione Sovietica si mostrò altrettanto ostile nei confronti della controffensiva di Reagan, ma comprese molto meglio delle colombe americane i suoi veri obiettivi. Il giornale Izvestiya protestò: "Gli americani ci vogliono costringere a una corsa agli armamenti ancora più dispendiosa e disastrosa". Il segretario generale Yuri Andropov asserì che il programma difensivo di Reagan era "un tentativo di disarmare l’Unione Sovietica". L’esperto diplomatico Andrey Gromyko disse che "dietro a tutte queste bugie sta il chiaro calcolo che l’Urss esaurirà le proprie risorse materiali e sarà perciò costretta ad arrendersi".

Queste dichiarazioni sono importanti perché definiscono il contesto in cui è avvenuta l’ascesa al potere di Gorbaciov all’inizio del 1985. Gorbaciov era effettivamente un nuovo tipo di leader sovietico, ma ben pochi si sono chiesti perché venne eletto dalla vecchia guardia. La ragione principale è che il Politburo aveva compreso che le vecchie strategie erano fallite. Reagan, in altre parole, sembra avere avuto il merito di provocare un crollo di nervi che ha spinto Mosca a cercare un nuovo approccio. La nomina di Gorbaciov non serviva soltanto per trovare un nuovo modo di risolvere i problemi economici del paese ma anche per affrontare i rovesci subiti dall’Urss all’estero.

Proprio per questo Ilya Zaslavsky, membro del congresso sovietico del popolo, ha detto che il vero creatore della perestroika e della glasnost non è stato Gorbaciov ma Reagan. Gorbaciov suscitò straordinari entusiasmi nella sinistra e nei media dell’occidente. Mary McGrory, del Washington Post, era convinta che "avesse in tasca le istruzioni per l’uso per salvare il pianeta". Gail Sheehy era abbagliata dalla sua "luminosa presenza". Nel 1990 la rivista Time lo proclamò "uomo del decennio" e lo paragonò a Franklin Roosevelt. Esattamente come Roosevelt aveva trasformato il capitalismo per salvarlo, così Gorbaciov aveva reinventato il socialismo per farlo sopravvivere. La ragione di questo imbarazzante infatuazione è che Gorbaciov era proprio il tipo di leader che gli intellettuali occidentali ammirano di più: un riformatore dall’alto che si presentava come un progressista; un tecnocrate che pronunciava discorsi di tre ore per descrivere i risultati della pianificazione agricola. Soprattutto, il nuovo leader sovietico stava cercando di realizzare la grande speranza dell’intellighenzia occidentale: il comunismo con un volto umano! Un socialismo che funziona! Tuttavia, come scoprì lo stesso Gorbaciov, e come tutti noi oggi sappiamo, non era una speranza realizzabile. I difetti che Gorbaciov cercava di sradicare dal sistema si rivelarono caratteristiche integranti del sistema stesso. Se Reagan era il Grande Comunicatore, Gorbaciov si è infine dimostrato, come ha detto Zbigniew Brzezinski, il Grande Fraintenditore. Gorbaciov non va paragonato a Roosevelt ma a Jimmy Carter. I duri del Cremlino che lo misero in guardia sul fatto che le sue riforme avrebbero causato il crollo dell’intero sistema avevano ragione. Anzi, anche i falchi occidentali hanno avuto il loro trionfo: il comunismo era in effetti immutabile e irreversibile, nel senso che il sistema poteva essere riformato soltanto con la sua distruzione. Gorbaciov, al pari di Jimmy Carter, aveva una qualità positiva: era una persona onesta e di mentalità aperta. E’ stato il primo leader sovietico proveniente dalla generazione post-staliniana, il primo ad ammettere apertamente che le promesse di Lenin non erano state realizzate.

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